UOMO NERO INSIDE...

Bascelli Simone, alias l'uomo nero, vi invita a addentrarvi nella sua mente dove tutto è più nero che nero, e nei mondi Fantasy.

Il sole stava ormai correndo verso il tramonto, aveva già toccato con un lato la montagna, e piano stava scomparendo dietro di essa. La luce tra le fronde dei pochi alberi era di un rosso cremisi, la velocità della corsa non era mutata per tutto questo tempo che stava correndo, non riusciva a pensare da quanto tempo ormai stava procedendo a così tale velocità ma poteva ben proseguire. Certo che la corsa era difficoltosa, stava correndo in salita da un tempo imprecisato, portando sulle spalle tre cervi morti. Vedeva il terreno scorrere sotto di lui velocemente ma allo stesso modo purtroppo non lo vedeva cambiare, era ancora un terreno erboso. Iniziò a sentire il rumore della cascata Arcobaleno era lontana, non stava facendo la stessa strada di prima, ovviamente per guadagnare tempo stava facendo una strada più diretta, la cascata infatti adesso era più in basso rispetto a lui, e lo sentiva chiaramente, solo che forse non aveva ancora tutto questo tempo a disposizione per tornare al campo, il tempo stava scadendo. Il problema e che adesso sentiva che qualcosa lo stava seguendo, forse attirato dall’odore del sangue che si portava dietro. Forse è qualche animale che fiutava il peso che si portava dietro, penso tra sé. Mentre correva il suo fiato sbuffava tra i canini aguzzi, la bocca semi aperta per aspirare più ossigeno possibile, adesso, con la quota che aumentava man mano che correva, l’aria si faceva troppo rarefatta per mantenere quella andatura e qualcosa lo stava seguendo velocemente. Il suo incarico si faceva sempre più difficile, il tempo stringeva, l’andatura andava scemando e quel qualcosa continuava a seguirlo. Non aveva scelta, doveva affrontarlo prima che fosse troppo tardi, se aveva intenzioni ostili poteva non dargli il tempo per reagire, anche se sappiamo che il nostro amico orco ha i tempi di reazione più rapidi dei comuni orchi. Rallentò l’andatura cercando di scrutare con la coda dell’occhio alle sue spalle, nel tentativo di trovare quella cosa che lo seguiva. Vedeva solo le scie lasciate dai piccoli arbusti che si lasciava dietro mentre correva, nulla di strano o di anormale.

Ad un tratto il rumore di un ramoscello spezzato tradì il suo inseguitore. Riuscì a rilevare la sua presenza ma: era troppo vicina. Si girò di scatto verso la direzione del rumore ed era troppo tardi, qualunque cosa fosse era già sopra di lui sovrastandolo con la sua ombra. Con uno scatto fulmineo alzò l’arco a protezione ma quell’essere con una artigliata altrettanto fulminea, fece volare via l’arco dalle sue mani, fu allora che l’orco fece finta di cadere all’indietro cercando di rotolare via ma l’ombra fu di nuovo su di lui e con due rapidi calci mentre rotolava lo spinse lontano da lui. Rialzatosi in fretta e guardando che i suoi stivali erano pieni di spine, riuscì a capire di che animale si trattava, era un wolfphine (pronuncia: uolfpain). Da queste parti è un tipico animale di alta montagna, di solito caccia in solitario, e poi capirete il perché, ma sono soliti non salire troppo di quota, evidentemente questo in particolare era molto affamato e si è spinto molto lontano dalle sue normali terre di caccia, aiutato forse dall’odore del sangue. Il wolfphine è un animale simile ad un lupo, ma più grande di un grizzly, ovviamente zampe artigliate molto grosse e pericolose, le anteriori più grandi rispetto alle posteriori, ha una mascella in grado di frantumare il tronco di un albero ed è ricoperto di lunghi peli acuminati come spine di un riccio. Appena riconobbe il tipo di animale, l’orco subito realizzò che sarebbe stata una sfida molto dura senza le armi appropriate. Fece per prendere una freccia dalla faretra alle sue spalle ma non trovandole si rese conto che erano tutte sparse per terra, probabilmente erano fuoriuscite mentre rotola calciando via la minaccia. Intanto l’animale rialzatosi mostrava gli artigli e digrignava i denti mentre gli girava intorno, preparando il suo prossimo attacco. Si acquattò pronto allo scatto puntando l’orco. Con un rapido scatto e successivamente un balzo fu di nuovo sulla sua preda che sfuggì all’attacco fintando di buttarsi da un lato e schivando invece dall’altro. Questo diede il tempo all’orco di raccogliere da terra un grosso bastone irregolare e di mettersi in guardia aspettando il prossimo attacco. La belva infatti non tardò ad attaccare, fece di nuovo scatto ma questa volta non balzò ma continuando la corsa attaccò dal basso. L’orco immobile aspettava la sua mossa e arrivata a giusta distanza, con un rapido e forte attacco l’orco colpì il suo nemico lateralmente tra testa e collo con una violenza tale da mandare in frantumi il pezzo di legno usato come arma. L’animale, infuriato per il colpo, incassò il colpo scuotendo la testa, un millesimo di secondo prezioso per l’orco per rotolare via e recuperare due frecce precedentemente cadute, adesso mancava solo di trovare l’arco. Dovette ridare subito l’attenzione alla bestia che stava riattaccando di nuovo dal basso. Fintando di nuovo a destra e poi schivando a sinistra, l’orco attaccò con la freccia nella mano destra e gliela conficcò violentemente nell’occhio sinistro. La bestia in un misto di odio e dolore iniziò ad ululare e ringhiare correndo da ogni parte come un ossesso. L’orco approfittando della situazione si mise a correre nella direzione dove era volato via l’arco, trovandolo dopo poco tempo. Nel frattempo la bestia, ancora sofferente per la freccia conficcata nell’occhio, divenne una furia ed iniziò a tranciare con le sue possenti zampe artigliate i pochi alberi attorno, cercando l’oggetto del suo odio. Ecco che lo vide mentre raccoglieva l’arco e senza perdere tempo iniziò a corrergli contro caricandolo furiosamente. L’orco raccolse l’arco e incoccò l’unica freccia che aveva mirando sulla bestia. La corsa furiosa era quasi giunta al termine e ormai stava per sferrare l’attacco decisivo. L’orco non cercò di schivare l’attacco, ma rimase freddo e immobile mantenendo la mira sulla belva, forse era la sua ultima occasione per ucciderla e tese la sua arma fino allo stremo. La bestia ormai gli era sopra, spalanco le fauci e un attimo dopo l’orco rilasciò il suo arco. La freccia lanciata da una forza estrema e da una vicinanza tale, sibilando entrò dalla bocca e uscì dalla testa forando il cranio. Sul colpo la bestia morì cadendo di peso sopra all’orco che non riuscì a spostarsi in tempo, l’orco rimase schiacciato dal suo peso enorme e come se non bastasse fu trafisso quasi dappertutto dai suoi peli acuminati.


Riuscirà il nostro amico orco nel togliersi dai guai? Riuscira a tornare al campo in tempo per mantenere la sua promessa? Riuscirà a trovare quel che cerca? Queste e altre domande troveranno risposta nei prossmi episodi di: Orc.
Non mancate. Simone